INTELLIGENZA EMOTIVA: COS’E’ E COME PUO’ RENDERCI FELICI

Una trentina d’anni fa, la scienza psicologica sapeva ben poco dei meccanismi dell’emozione. Ma recentemente, e con l’aiuto di nuovi mezzi tecnologici, il panorama misterioso e oscuro di ciò che accade nel nostro organismo è stato chiarito per la prima volta mentre pensiamo, sentiamo, immaginiamo o sogniamo. Grazie allo scanner del cervello è stato possibile rivelare il funzionamento del nostro cervello e, in questo modo, la scienza ha un potente strumento per parlare degli enigmi del cuore e provare a dare un resoconto degli aspetti più irrazionali della psiche.

Orgogliosi della nostra capacità di controllare le nostre emozioni, siamo caduti nella trappola di credere che la nostra razionalità prevalga sui nostri sentimenti e che possiamo attribuire ad essa la causa di tutte le nostre azioni. Ma, a differenza di ciò che pensiamo, ci sono molti problemi emotivi che rimangono governati dal sistema limbico e il nostro cervello prende decisioni continuamente senza nemmeno consultare i lobi frontali e altre aree analitiche del nostro cervello pensante. Ricorda, semplicemente, l’ultima volta che hai perso il controllo ed sei esploso davanti a qualcuno, dicendo cose che non avresti mai detto.

Diversi studi a lungo termine hanno osservato la vita dei bambini che hanno ottenuto punteggi più alti nei test intellettuali o hanno confrontato i loro livelli di soddisfazione rispetto a determinati indicatori (felicità, prestigio o successo lavorativo) rispetto alle medie. Tutti hanno evidenziato che il QI rappresenta a malapena il 20% delle determinanti del successo.

Il restante 80% dipende da altri tipi di variabili, come la classe sociale, la fortuna e, in larga misura, l’intelligenza emotiva. Pertanto, la capacità di motivare se stessi, di perseverare in uno sforzo nonostante le frustrazioni, di controllare gli impulsi, rinviare le gratificazioni, regolare i propri umori, controllare l’angoscia e l’empatia e confidare negli altri sembrano essere fattori molto più decisivi per il raggiungimento di una vita piena, rispetto alle misure della prestazione cognitiva.

Come per la matematica o la lettura, la vita emotiva è un’area che può essere padroneggiata con competenza maggiore o minore. 

Abilità 1: autocontrollo

I Greci chiamavano sofrosyne la virtù consistente nella cura e nell’intelligenza nel governo della propria vita ; a loro volta, i romani e la chiesa paleocristiana chiamarono la temperanza (temperanza) la capacità di contenere l’eccesso emotivo. La preoccupazione, quindi, di governare se stessi e controllare impulsi e passioni sembra andare di pari passo con lo sviluppo della vita comunitaria, in quanto un’emozione eccessivamente intensa o che si estende oltre quella prudente, mette a rischio la stabilità stessa e può portare conseguenze terribili.

Pertanto, l’arte di contenere se stessi, di dominare le esplosioni emotive e di calmarsi è stata interpretata dagli psicologi come la più fondamentale delle risorse psicologiche. 

Abilità 2: entusiasmo, padronanza della vita

A causa della sua potente influenza su tutti gli aspetti della vita di una persona, le emozioni sono al centro dell’esistenza; La capacità dell’individuo di gestirle agisce come un potente predittore del loro futuro successo. La capacità di pensare, pianificare, concentrare, risolvere problemi, prendere decisioni e molte altre attività cognitive essenziali nella vita possono essere ostacolate o favorite dalle nostre emozioni. Pertanto, il bagaglio emotivo di una persona, insieme alla sua capacità di controllare e gestire queste tendenze innate, forniscono i limiti delle loro capacità mentali e determinano i risultati che possono raggiungere nella vita. Abilità emotive come l’entusiasmo, il gusto per ciò che viene fatto o l’ottimismo rappresentano gli stimoli ideali per il successo.

Abilità 3: empatia, mettiti nei panni degli altri

Alcune persone hanno più facilità di altre per esprimere i propri sentimenti a parole; c’è un altro tipo di individui la cui incapacità assoluta di farlo li porta persino a considerare che mancano di sentimenti. Peter Sifneos, uno psichiatra di Harvard, ha coniato il termine “alexithymia”, che è composto dal prefisso a (sin), insieme alle parole lessico (parola) e thymos (emozione), per riferirsi all’incapacità di alcune persone di esprimersi con le parole le tue esperienze.

Non è che gli alessitimici non si sentano, semplicemente mancano della capacità fondamentale di identificare, comprendere ed esprimere le proprie emozioni. Questo tipo di ignoranza li rende persone piatte e noiose, che spesso si lamentano di problemi clinici diffusi e che tendono a confondere la sofferenza emotiva con il dolore fisico. Ma l’effetto negativo di questa condizione va oltre la sfera privata della persona in questione, nella misura in cui l’autocoscienza è il potere su cui è costruita l’empatia. Pertanto, non avendo la minima idea di ciò che provano, gli alessitimici sono completamente disorientati rispetto ai sentimenti di coloro che li circondano.

Conclusione

I danni che l’inettitudine emotiva provoca nel mondo sono più che ovvi. Basta aprire un diario per trovare le forme più aberranti di violenza e degrado, che non sembrano rispondere ad alcuna logica. Oggi, non siamo più stupiti nel sentire che un marito ha colpito sua moglie o che, dopo essere stato licenziato, un dipendente è entrato nella sua compagnia armato fino ai denti e ucciso diverse persone indiscriminatamente.

Queste evidenze si aggiungono all’ondata di violenza che devasta il pianeta, l’allarmante aumento della depressione in tutto il mondo, i livelli di stress che stanno aumentando e un elenco infinito di sintomi: tutti realizzano un’emergenza incontrollata degli impulsi nelle nostre vite e di una inettitudine generalizzata e forse crescente per controllare le passioni e gli scoppi emotivi.

Tradizionalmente abbiamo sopravvalutato l’importanza degli aspetti puramente razionali della nostra psiche, nel tentativo di misurare e confrontare i coefficienti dell’intelligenza umana. Tuttavia, in quei momenti in cui siamo trascinati dalle emozioni, quando un ragazzo colpisce un altro per prenderlo in giro o un autista spara a chi ha chiuso la strada, l’intelligenza è sopraffatta e gli sforzi per capire la capacità di analisi razionale di ogni soggetto, non sembra avere una maggiore utilità.

L’abbondante base sperimentale esistente ci consente di concludere che, sebbene tutte le persone vengano al mondo con un certo temperamento, i primi anni di vita hanno un effetto determinante sulla nostra configurazione cerebrale e, in larga misura, definiscono la portata del nostro repertorio emotivo. Ma né la natura innata né l’influenza della prima infanzia costituiscono determinanti irreversibili del nostro destino emotivo. La porta per l’alfabetizzazione emotiva è sempre aperta e, oltre alle scuole, spetta all’ intera collettività prendere consapevolezza delle emozioni per garantire uno stile di vita migliore.

Scritto dalla Dottoressa Maria Americo

Bibliografia

Daniel Goleman, Intelligenza emotiva, 1995.

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