Mary è una studentessa di storia dell’arte da sei mesi in terapia , dopo un tentativo di suicidio. Spesso scrive al suo terapeuta lettere incredibilmente diverse l’una dall’altra sia per il contenuto sia per lo stile; perfino la sua grafia muta in modo singolare. Nelle prime lettere raccontava come il suo patrigno l’avesse stuprata quando lei aveva 14 anni e come, un anno dopo, il suo peso fosse aumentato di oltre 13 chili.
Mary appartiene a una categoria di pazienti affette da disturbi del comportamento alimentare e in quella lettera scrive:
C’è in me una persona che potrebbe essere molto felice e che vuole smettere di mangiare e vomitare, ma troppe voci dentro di me gridano che sono un’ipocrita, una prostituta e allora mi faccio del male, così comincio a sentirmi più tranquilla.Ma subito la bestia che sta dentro di me scappa fuori: Dammi da mangiare, devo avere da mangiare. Tu sei una PORCA, Mary, una BESTIA. Vendi il tuo CORPO, esci NUDA per la strada e fatti SAZIARE. Lascia che tutti FACCIANO L’AMORE con te.
Oggi mi sento strana. La mia vita, ciò che mi è successo, il passato e il presente, perfino le cose che faccio: è tutto un quadro distrutto, andato in mille pezzi. Non vedo più nessun collegamento, nessuna unità. Il mio volto non è più riconoscibile. Eppure so che esiste. In mezzo ai detriti della mia vita riesco ancora a individuare i lineamente del mio volto. Pnso che fosse attraente e desidero restaurare il quadro. Rivedrò mai quel volto per intero? Il mio quadro è rimasto in pezzi per tanto tempo!
Ogni giorno cerco di imprimermi nella mente che devo essere felice. Una settimana fa, ancora mi ingozzavo e vomitavo. Studio molto. La ragazza che abita accanto a me spesso viene a farsi un bel pianto, perchè non si fida di nessun altro. Nonostante ciò, mi sento sola e ho paura che non ci sarà più nessuno. Forse mi sono meritata tutto questo, è tutta colpa mia. Non posso fidarmi di nessuno e nessuno mi dà la sua fiducia. Nessuno, nessun corpo! Ho solo il mio , di corpo…
Poco prima del termine della terapia intensiva che avesa seguito per due anni, Mary così scriveva al suo terapeuta:
Perchè mi sono affamata così tanto? e perchè mi sono rimpinzata così tanto? Per ortuna sono riuscita a strapparmi la camicia di forza della preoccupazione per il mio peso. Ho gettato via le catene, ma la strada che mi resta da percorrere è difficile. Abbiamo percorso insieme, sempre insieme, questo cammino. Ogni passo ne richiede un altro che gli corrisponda. Se è il piede sinistro a muovere il primo passo, il destro lo deve seguire. Ma se il destro è stanco, il sinistro deve controllare la propria velocità. Così per ogni problema c’è una risposta. Per molto tempo mi sono chiesta dove mi avrebbe condotto questa strada. Da nessuna parte, ho pensato tante volte. O forse mi condurrà a me stessa. Adesso non lo so: in unviaggio cià che conta non è arrivare, bensì essere in cammino . Quando si è arrivati, si ha solo il passato. Ma io voglio andare avanti, verso il mio futuro.