La persona che si presenta a uno psicologo per un Disturbo da Panico ha tipicamente l’atteggiamento di chi sta male per qualcosa di incomprensibile,totalmente slegato dalla propria storia e dalla propria responsabilità. In alternativa, la comparsa del panico può essere attribuita a eventi secondari o francamente poco rilevanti. In modo mistificante, la vita precedente la comparsa degli attacchi di panico viene riferita come tranquilla e soddisfacente, clamorosamente rovinata dalla comparsa di un disturbo assurdo del quale ci si vorrebbe liberare nel minor tempo possibile,senza mettere in discussione alcunchè di se stessi e della propria vita, con ciò attribuendo allo psicologo un potere salvifico assolutamente spropositato.
Educare al panico
È quindi evidente che il paziente debba essere “educato al panico”: quale sia la sua natura, come funzioni, come e quando si presenti,come si possa prevenire,gestire,contenere edotare di senso nel suo manifestarsi. Il DP dovrà innanzitutto essere descritto come un distrubo ben noto in letteratura e solitamente curabile qualora sia presente l’impegno del paziente. Si dovranno quindi discutere e chiarificare le idee distorte del paziente sul DP stesso, frutto di un suo personale convinciento o dell’influenza di informazioni di provenienza varia e a volte molto discutibili, derivate dalla consultazione di internet o dal confronto con amici e conoscenti. Le informazioni epidemiologiche sono indicate, anche se possono in prima istanza generare un effetto ansiogeno. Si potranno per esempio, tenere presenti i seguenti dati: A seconda delle ricerche, la prevalenza del DP nella popolazione generale si colloca tra ‘1,5 e il 3,5 % con un valore medio del 2% cira e con un’età di esordio tipica attorno ai25 anni, sebbene i primi attacchidi panico possano essersi manifestati precedentemente. Per motivi non chiari, gli individui di sesso femminile sarebbero più esposti al disturbo e soprattutto all’agorafobia, il decorso della loro patologia sarebbe mediamente più grave ed esposto a ricadute più frequenti; una percentuale molto ridotta di persone sembra accusare agorafobia in assenza di attacchi di panico. Nonostante l’ansia sia frequente negli anziani, nondimeno la presenza del DP sembra decrescere progressivamente superata la mezza età. Il DP è più presente nelle città piuttosto che in campagna o nelle civiltà cosiddette tradizionali, probabilmente a casua delle richieste di spostamento e della natura marcatamente competitiva della vita cittadina. Questo fenomeno è anche forse all’origine, almeno parzialmente, della maggior percentuale di donne con DP e soprattutto con agorafobia, in quanto nella civiltà contadina il loro ruolo è sempre stato profondamente conservatore, non competitivo e poco esposto agli spostamenti. Le donne, quindi,sensibilizate da migliaia di anni di evoluzione biologica e culturale ai rapporti sociali e alla vicinanza con i consanguinei, risulterebbero maggiormente esposte allo stress imposto dai cambiamenti dei costumi sociali ( Rovetto,2003). Oltre a ciò, le donne sarebbero più orientate a focalizzare il proprio interesse sulle sensazioni fisiche e sulle emozioni, sarebbero maggiormente predisposte alla depressione e disposte a confidare un proprio malessere interiore, incrementando in tal modo la propensione per il DP o risultando maggiormente rappresentate nelle statistiche rispetto agli uomini.
Rappresentare il disturbo da panico
Si può presentare il DP come un problema complesso, ma con una sua logica ben conosciuta e riconoscibile attraverso l’osservazione della storia della paziente e dei suoi attacchi di panico. L’ansia del DP è generata da un profondo senso di fragilità, frutto innanzitutto di esperienze passate, della situazione attuale malamente gestita (problemi di assertività) e di una vulnerabilità genetica. L’ansia e il senso di fragilità si rinforzano vicendevolmente, anche per via di interpretazioni catastrofiche di emozioni, sensazioni fisiche e scenari futuri. L’ansia così generata viene quindi gestita attraverso meccanismi di evitamento che , a loro volta, generano frustrazione, depressione e un senso dell’autostima fluttuante e tipicamente deficitario, andando con ciò a incrementare la sensazione di fragilità. In definitiva, un circolo vizioso che si automantiene, magari anche grazie alla connivenza di specifiche figure di riferimento. Infine, non si dovrebbe trascurare di fornire elementi di salutogenesi relativi a variabili che possono influire sull’ansia e sul panico: presenza di stress mal gestito, mancanza di sonno, assunzione di sostanze stimlanti o controindicate come caffeina e stupefacenti, fasi del ciclo mestruale, bruschi innalzamenti termici.
La psicoeducazione nel disturbo di panico
Da un punto di vista psicoeducazionale è di grande importanza evidenziare come in alcuni casi le figure di riferimento del paziente non manifestino alcun disagio sostanziale per la patologia del paziente o reagiscano negativamente ai miglioramenti sintomatologici, innanzitutto nei confronti dell’incremento di autonomia decisionale e nel movimento autonomo, nel caso sia presente anche agorafobia. In situazioni differenti, il DP può rappresentare una condizione di equilibrio patologico all’interno di una coppia ed essere la risultante di importanti problematiche di entrambi i membri della coppia; a questo riguardo, una volta una paziente dello scrivente disse: ” Mio marito è un portatore sano degli attacchi di panico”: Qualora indicato, i familiari e i partner dovrebbero essere educati sul loro ruolo di mantenimento del problema,facendo presente che comunque, il paziente prima o poi cambierà e che saranno costretti loro stessi ad adattarsi o a effettuare una crescita evolutiva personale e della coppia. La rottura di relazini affettive in essere da lunga data da parte di un paziente con DP è infatti abbastanza frequente all’interno delo svolgimento di una psicoterapia efficace. Il partner che offre sostegno e sicurezza, infatti, può essere sostituito da uno con il quale vivere finalmente le dimensioni della complicità e della passione.
Prima dunque di iniziare la terapia vera è propria è essenziale valutare questi aspetti che influenzano il decorso del disturbo e chiarificarli al paziente.
Tratto da Il disturbo di Panico ( M.Giannantonio e S.Lenzi)