Qualche giorno fa sono uscito per fare spesa e mentre al ritorno camminavo verso l’auto ho rapidamente tolto il mio cellulare dalla borsa per controllare le mie e-mail o rispondere ai messaggi. Ero in una situazione di emergenza?
No, per fortuna è stata una giornata molto normale. Mi aspettavo un messaggio super importante? No, assolutamente, non c’era urgenza oltre al senso di urgenza lieve che vivo quotidianamente. Ad un certo punto sono quasi inciampato per vedere lo schermo invece di vedere dove stavo camminando, ho avuto una sorta di epifania: ero ovviamente presente in quel momento, ma non ero realmente presente in quel posto.
Credo che attraverso la storia dell’umanità, il qui e ora si siano intrecciati nell’esperienza delle persone. Sono persino usati come se fossero inseparabili, parliamo del “qui e ora” per riferirci al presente. Ma oggi, forse per la prima volta, la tecnologia ci consente di essere “ora”, ma non “qui”. Non sono il primo a sottolineare il paradosso che le tecnologie che ci permettono di accorciare le distanze e di essere vicini alle persone che vivono lontano, possono anche portarci via dalle persone con cui lavoriamo o anche con chi viviamo.
I ricercatori dicono che la nostra capacità di concentrazione è influenzata dai “colpi” rapidi e intermittenti di informazioni che riceviamo costantemente dai nostri computer, telefoni cellulari e altre fonti. Sebbene le persone credano che il “multitasking” le renda più efficienti, molte ricerche rivelano il contrario: chi svolge più attività contemporaneamente ha più difficoltà a concentrarsi e selezionare bene le informazioni e a sentirsi più stressato. E la cosa più interessante è che questo modo di pensare frammentato e non focalizzato dura anche quando la persona non usa più il computer o il cellulare. Alcuni propongono che il nostro cervello sia (o sia stato finora) evoluto per essere attento alle nuove informazioni e ai possibili segnali di allarme, perché la nostra vita potrebbe dipendere da loro. Questo è il motivo per cui tutte le informazioni a cui abbiamo accesso online oggi sono così attraenti. Il problema è che questa informazione è così importante oggi che ci inonda e mette il nostro cervello in uno stato di costante stress. Mi dispiace suonare fuori moda quando parlo dei rischi delle nuove tecnologie. Ora che ci penso, un buon libro può portarci anche in un altro luogo (quante volte la metafora di un viaggio è stata usata per riferirsi a una buona lettura), ma penso che la tecnologia attuale abbia un potere e un impatto esponenzialmente maggiore.
Sono stupito dalla posta elettronica, i messaggi di testo semplificano la mia vita e non c’è giorno in cui non parlo con una persona cara che vive lontano, grazie alla telefonia via Internet. Sono un utente avido e grato. Ma penso che, come tante grandi invenzioni (pensiamo a macchine o antibiotici), i mezzi di comunicazione immediati presentino sfide che dobbiamo considerare in modo che la tecnologia sia al nostro servizio e non ne diventiamo schiavi.
(Tratto da una storia di vita)